Così Milano diventa la villopoli dei padrini.
C'era una volta un Cavaliere che raccontata molte storie per intrattenere i suoi estimatori creduloni.
Diceva di aver comprato una casa in Brianza, ad Arcore, trovò lì delle scuderie, dei maneggi e delle piste e disse a Marcello di trovare un fattore che sapesse di cavalli.
Lo stalliere fu individuato, era un tizio conosciuto in diversi ambienti, soprattutto giudiziari, trattava di cavalli in un modo strano, per lui e i suoi amici quei quadrupedi volevano dire droga. Proprio per questo, al dibattimento del maxiprocesso, fu condannato per traffico di stupefacenti.
Il Cavaliere seppe che lo stalliere si chiamava Mangano e lo chiamò a casa d'Arcore insieme alla moglie e due figli.
Pensate che "si occupò benissimo di tutti i campi, delle coltivazioni e soprattutto benissimo dei cavalli". [il Cavaliere]
Mangano fu indicato sia da Buscetta che da Contorno come uomo d'onore appartenente a Cosa Nostra.
"Solo che poi la polizia iniziò un'indagine che fece emergere come questo Mangano avesse avuto una serie di assegni a vuoto…" [Il Cavaliere]
Mangano risiedeva abitualmente a Milano, e da numerose intercettazioni telefoniche, agli atti giudiziari, faceva da terminale per il traffico di droga gestito dalle famiglie mafiose palermitane.
Mangano viene condannato per la sua partecipazione a Cosa Nostra nel processo Spatola, l'istruttoria fu di Giovanni Falcone; incriminato nuovamente per mafia e traffico internazionale di droga nel maxiprocesso Falcone/Borsellino, nel quale non viene condannato per mafia, perché già condannato per lo stesso reato nel processo precedente, ma si becca 11 anni per traffico internazionale di stupefacenti.
Il Cavaliere racconta invece: "quando emerse questa cosa [degli assegni a vuoto, DdA] questo signore [Mangano, NdA], senza che nessuno glielo chiedesse lasciò spontaneamente l'incarico… e poi successivamente, nella sua vita, avvennero dei fatti per cui fu accusato di avere dei rapporti con l'organizzazione della Mafia, mi sembra perché partecipò al pagamento di pizzi… di core presso commercianti eccetera."
Nel 1995 Mangano viene nuovamente arrestato e condannato [in primo grado, NdA] a due ergastoli per tre omicidi.
Nel 1994 il Cavaliere fa la sua prima campagna elettorale al grido di "viva Di Pietro, viva Falcone e Borsellino, non siamo i continuatori dell'esperienza di mani pulite"
Il discorso di insediamento del primo governo del Cavaliere: "Viva mani pulite, viva il pool di Palermo!"
14 anni dopo altra campagna elettorale del Cavaliere: "Di Pietro mi fa orrore… Mangano è un eroe."
Il fidato scudiero Marcello, la Mafia l'ha solo vista al cinema e anche letta sui libri, dice, soprattutto conferma che la Mafia non esiste.
Secondo la Corte d'Appello di Palermo, Marcello avrebbe fatto da tramite tra Mafia e Cavaliere, dandosi da fare per consolidare tale sodalizio e permettendo consapevolmente a numerosi boss di agganciare il suo padrone e di conseguenza la sua impresa che da lì a poco sarebbe diventata un impero economico; Mangano viene assunto ad Arcore su richiesta di Marcello, non per accudire cavalli, ma per garantire l'incolumità del Cavaliere.
Scrivono sempre i giudici: "la presenza di Mangano ad Arcore avrebbe avuto lo scopo di avvicinarci al Cavaliere, imprenditore milanese in rapida ascesa escomia avviando, in questo modo, un rapporto parassitario protrattosi per quasi due decenni. il Cavaliere avrebbe anche pagato ingenti somme di denaro in cambio di protezione alla sua persona e famiglia. Questi pagamenti si intrecciano con altri versamenti per la messa a posto della Fininvest, che all'inizio degli anni '80 aveva cominciato a gestire alcune emittenti televisive in Sicilia."
Marcello viene condannato a sette anni per concorso esterno mafioso.
Durante il dibattimento, nella seconda udienza dedicata alla difesa, il 21 maggio 2010, Marcello ammette di aver avuto incontri occasionali con i boss, ma solo per tutelare gli interessi economici del suo amico Cavaliere, un atto d'amore insomma.
Ma non aveva detto che lui la Mafia l'ha solo vista al cinema e letta sui libri e che non esiste?
Gli attentati alla Standa, il pizzo che il Cavaliere avrebbe pagato per le sue emittenti televisive in Sicilia, i versamenti per garantirsi protezione, Marcello avrebbe agito, come mediatore, non per interessi personali, ma per altruismo nei confronti di un grande amico minacciato nella sua funzione di imprenditore e grande promessa finanziaria.
Il Partito dell'Amore per l'appunto.
Mangano diventa un eroe. Lo diventa per il Cavaliere e ancor di più per Marcello
Marcello lo dice ogni volta che parla dello stalliere pluriomicida e trafficante internazionale di droga.
Mangano è un eroe perché non ha parlato.
"Mangano è il mio eroe, come l'eroe di Andrev nei fratelli Karamazov [Nei Fratelli Karamazov non c'è alcun Andrev, NdA], io non so se al posto di Mangano sarei stato zitto per tutti quegli anni…" [Corriere della Sera]
Mangano è morto, perché citarlo di continuo?
Perché sottolineare sempre questa meschinità dell'eroe?
Marcello e gli altri non o devono più temere.
Non è che per caso, Marcello dice Mangano perché vuole in realtà dire "Marcello io medesimo sono un eroe"?
Infatti, Mangano se ne è stato zitto per tutti quegli anni, io, Marcello, non lo so se riuscirei a tacere… se finisco dentro, chi lo sa, potrei anche parlare.
Ma dice anche di più: tutti i mafiosi che sanno la verità sulla nascita di Forza Italia e delle stragi e non parlano, sono eroi.
Chissà cosa ne pensa Giuseppe Graviano.
Cambiano i tempi e il Cavaliere non dice più viva il pool di Palermo, viva Di Pietro, viva Falcone e Borsellino.
Prima di arrivare alla strategia dell'insulto libero e criminalizzazione di giudici e pubblici ministeri ripetuti giorno dopo giorno fino alla nausea, prima di giungere a "via le BR dalle Procure", il Cavaliere disse alla Boccassini: "Ma devo proprio insegnarle io come si corrompe cash un giudice?"
Questa gente ha ancora il coraggio infame di chiedervi il voto.
Lucio Galluzzi
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