Le dimensioni del pene sono considerate, culturalmente, dimostrazione di virilità.
La stessa scienza ha contribuito a creare false credenze e ad alimentare il mito della virilità con rappresentazioni del potere maschile attraverso il penis power.
A Galeno, ad esempio, in una delle sue opere, si deve una descrizione dettagliata del primato del fallo, ritenendo che esistesse un genitale unico (quello maschile) dal quale derivava il genitale femminile, che per ragioni di mancato sviluppo, rimanesse “invaginato” dentro il corpo.
Molti adolescenti, e non solo, continuano a vivere profondi sentimenti di inadeguatezza presumendo di avere un genitale piccolo.
Già nell’infanzia il bambino comincia a confrontarsi con l’adulto e, con la pubertà, si attende lo sviluppo dei genitali che mentalmente continueranno ad essere confrontati con quelli “immaginati ed idealizzati” dell’adulto che, nella fantasia del ragazzo, appariranno sempre più grandi dei propri.
La frequenza del disturbo, ha fatto si che si modificasse la terminologia, per cui, chi ritiene di avere un pene piccolo lo si dice affetto dalla “sindrome da spogliatoio” riferendosi all’abitudine di confrontarsi nelle occasioni in cui si è nudi insieme, come accade negli spogliatoi delle palestre.
L’abitudine del confronto ha probabilmente radici antiche e si può associare a quanto avviene nei mammiferi più vicini all’uomo che, per conquistare l’accesso al gruppo delle femmine, lottano cercando anche di impressionare il concorrente mostrandosi.
Il mito dell’esuberanza fisica sembra che non sia affatto semplice da abbandonare anche quando l’adolescenza è ormai superata e l’esperienza sessuale si è realizzata soddisfacentemente.