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comunismo e capitalismo
Parlare ancora di “capitalismo” in Italia sembra di dover affrontare una commemorazione per un defunto.

Affrontare la crisi ha avuto un costo esorbitante, ma che non ha sfiorato nemmeno il grande capitale, fuggito all’estero, dopo aver chiuso le fabbriche che davano lavoro e che hanno permesso la costituzione di grandi “malloppi, salvaguardati, protetti, incentivati con condoni, sanatorie e scudi fiscali e adesso, con l’opposizione ad una qualunque patrimoniale che permetta di recuperare una minima porzione di quanto sottratto al circuito monetario. In mancanza dei capitali italiani stanno intervenendo quelli stranieri, che investono in Italia nelle poche aziende che si sono salvate dalla catastrofe liberista.
L’evasione fiscale ci colloca ai primissimi posti nel mondo, mentre il tasso di disoccupazione, specialmente giovanile, ha toccato vertici che appaiono irreversibili.
C’è in atto una “grande confusione” che rende illeggibili le sorti presenti e quelle future, perché i governi liberisti proprio nella grande confusione hanno basato l’intera azione politica; gli scandali che si susseguono quotidianamente ne sono la dimostrazione lampante.

La grande confusione, lanciata dai pescatori nel torbido e immediatamente afferrata da quei mestatori che nella confusione mentale trovano il loro brodo di coltura, ha origini uniche, che trovano nella fantasiosa analisi storica l’ occasione per falsare anche l’ evidenza.
La confusione ha basato la propria propaganda nelle lotta al comunismo, paravento utile a nascondere le vere finalità di un esecutivo svuotato di programmi e riempito di parole.

E’ storia consolidata che il comunismo, o socialismo reale, venne travolto dal crollo del muro di Berlino, quando la lotta politica si arenò con un ‘flop’ essendo venuto a mancare le ragioni del contendente con il quale era stata giocata la guerra fredda. Con il crollo del muro di Berlino, simbolo del fallimento dell’ economia massimalista, venne avanzata la certezza che tutto fosse crollato con quel muro.
Finito nel fallimento il socialismo reale, si vorrebbero esaurite le ragioni sociali che lo avevano generato, che furono e sono ragioni culturali e politiche; una assimilazione concettuale che porterebbe a rinnegare la rivoluzione francese quando venne spenta nella restaurazione, azzerando i valori di libertà, fratellanza e uguaglianza che l’ avevano ispirata. Sarebbe la follia che annebbia la vista della storia, fermandone le evoluzioni in un circuito involutivo, gattopardescamente ”affinchè nulla cambi”!
L’idea di far risorgere il comunismo risultò essere l’arma vincente di quianti non avevano altro da dire; fare risorgere il defunto per poterlo uccidere nuovamente.

In questa progettualità trovarono un comune denominatore sia il potere laico che il potere spirituale.
Fu la caduta del muro di Berlino che sollecitò l’ ansiosa ricerca delle radici cristiane dell’ Europa, utile solo ad emarginare i cristiani d’ Oriente e le altre religioni e generare una nuova “guerra fredda” politica, ma sostenuta anche da pretese motivazioni religiose, con un interscambio di ruoli palesemente blasfemi, dove politici atei si fecero difensori della fede e della religione, mentre vertici religiosi appoggiarono una politica distruttiva dei valori sociali già sostenuti dal magistero sociale della Chiesa.

Ci volle Ratzinger/Benedetto XVI per soffiare sul fuoco della discordia e riaccendere l’ eterna lotta del Bene contro il Male, in una identificazione partigiana: tutto il bene da una parte e dall’ altra tutto il Male.
Ma se con il muro di Berlino crollò il mito utopistico del socialismo reale, cioè di una delle due parti della guerra fredda, non crollò l’ altra parte che quella guerra aveva vinto quando trasformò la lotta tra democrazia contro comunismo in uno scontro tra capitalismo contro economia massimalista, vinse il capitalismo perché portatore dei valori della democrazia; ma se il capitalismo, per affermarsi, necessita della democrazia, quando si impossessa dei gangli degli Stati contesta la stessa democrazia che lo ha generato per far rinascere dalle proprie ceneri i nazi-fascismi travestiti da liberismo con l’ imposizione delle regole del mercato, che coincidono con la legge del più forte. In Italia fu la fine della 1° repubblica, travolta dagli scandali di ” mani pulite”, che spianarono la strada agli avventurieri senza scrupoli, portatori sani del virus del nazi-fascismo, travestito da liberismo, esattamente l’opposto al liberalismo che avrebbero indicato come progenitore.

Dall’ altra parte del Tevere fu la morte di Giovanni Paolo II a spianare la strada lungamente preparata, per l’ ascesa di Ratzinger, che chiarì immediatamente il proprio disegno affrontando, manu militari, lo scontro con l’ Islam in quella malaugurata lectio magistralis di Ratisbona.
La differenza tra Wojtyla e Ratzinger?
Il primo visse sulla sua pelle le esperienze prima naziste e poi comuniste; il secondo visse solo l’ esperienza nazista, ma dalla parte sbagliata- e si è visto!

L’ Italia si è ritrova, così, nell’ occhio di un ciclone tanto laico quanto confessionale, non ritrovando elementi di certezze in nessuna delle due sfere, ma solo parole che non hanno trovato aderenza con i fatti che si traducono in linguaggio laico con “l’ esempio” ed in quello confessionale con “la testimonianza”.
Fu così che mondo laico e mondo confessionale vissero una analoga storia: i poteri che reggevano le due parti, Ratzinger da una parte e Berlusconi dall’altra, dopo aver verificato il loro fallimento che ha generato la grande confusione, non poterono fare a meno di rassegnare le proprie dimissioni per affidare ad altri l’onere di ricostruire quanto distrutto. Ma se la Chiesa ha trovato in Papa Francesco la giusta impostazione per riportare il mondo cattolico nella semplicità e nella originalità della Fede in Cristo e nel Suo insegnamento, lo Stato laico soffre ancora l’ingombrante presenza del medesimo personaggio che ha guidato la nazione nelle prossimità dello sfacelo, pretendendo di dettare l’agenda del nuovo governo e imponendo riforme secondo i suoi interessi, ben lontani dal “bene comune”, con l’accanimento di voler resuscitare il comunismo per poterlo uccidere, non disponendo di argomenti seri da trattare.
Con l’aggravante di avere trovato la persona disposta ad offrire il suo collo al guinzaglio, come Dudù.

Rosario Amico Roxas

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