Abbiamo ormai imparato a conoscerlo bene: l’attuale PD o Partito Democratico non è altro in effetti che un calderone di ribollenti interessi soggettivi, il quale, gravitando da anni nel fatuo vortice degli acronimi, riesce soltanto a confondere ulteriormente le idee ai suoi elettori.
Dopo aver svolto un ruolo determinante nel processo di demonizzazione delle ideologie, per intuibili interessi di bottega, qualsiasi persona normale non riesce assolutamente a capire come esso pretenda di potersi presentare ancora non solo come partito politico, mancando dell’imprescindibile substrato ideologico, ma addirittura come movimento democratico, considerata la sua innata vocazione alla sudditanza finanziaria. Per questo, si dimena da sempre in una altalena di vuote definizioni. Recentemente, ha vicariato l’attributo “democratico” con quello più subdolo di “democratura”, dietro il quale dissimula la sua sempre più evidente deriva autoritaria.
L’ultimo e sconfortante esempio della sua sudditanza al potere finanziario, l’abbiamo derivato nei giorni scorsi: una sudditanza che avrebbe prodotto un notevole impatto in un ordinario assetto sociale, ma che è passato invece inosservato nel nostrano olezzo socioantropologico condizionato dalla dissoluta influenza finanziaria. Il riferimento è quello offerto in occasione della ormai anacronistica celebrazione della “festa del lavoro”: di quel lavoro che, per sua precipua responsabilità, non c’è più. Ha provveduto a farlo uno dei suoi più accreditati rappresentanti, il deputato Alfredo D’Attorre, ospite della trasmissione “Omnibus”, andata in onda lo scorso primo maggio sulla emittente televisiva “La 7”. Nella circostanza, è successo qualcosa che dovrebbe far seriamente riflettere tanti incauti elettori del PD, i quali, pur di fronte all’evidenza dei fatti, seguitano automaticamente a votarlo confondendolo ancora non solo con quel partito che non è, ma addirittura con un partito di…sinistra!
A fugare ogni residuo dubbio al riguardo, e a presentare il PD nella sua nuova veste di Partito della Disoccupazione, ha provveduto il suo deputato Alfredo D’Attorre nella menzionata occasione. Stando alla sua versione dei fatti, l’operato dei governi fantoccio imposti dalla Banca Centrale Europea (BCE) e puntualmente sostenuti dal PD, vale a dire i governi Monti e Letta, oltre a quello attualmente in carica guidato da Matteo Renzi, tutti governi incostituzionali perché mai chiamati in carica con normali elezioni, si compendierebbe nella sistematica applicazione delle direttive loro imposte dalla famigerata troika. L’obiettivo di questi incostituzionali governi, è quello di scardinare gli interessi nazionali. Per mitigare in qualche modo tale tragedia, il laleologo Renzi sta adoperandosi al fine di far credere agli italiani che sia in corso un impossibile miglioramento della situazione economica. Quando egli sa benissimo che, per specifica imposizione europea, sia costretto a mantenere un tasso di disoccupazione generale pari ad almeno il 12%, al fine di contenere l’aumento dell’inflazione. Ma è bene riportare qualche passaggio della edificante intervista concessa da D’Attorre.
“Questi geni di Bruxelles impongono un tasso di disoccupazione strutturale a ogni Paese, sotto il quale non possono scendere per non far aumentare l’inflazione”. Lo stesso precisa inoltre: “Il vero obiettivo del Jobs Act (imposto da Draghi), è la deflazione salariale e l’aumento della precarietà, altro che la riduzione della disoccupazione”.
Bisogna inoltre rilevare il biasimevole comportamento manifestato nell’occasione dalla conduttrice del programma televisivo, la quale cerca in qualche modo di contenere lo sfogo del deputato D’Attorre.
Di fronte al disgusto suscitato da un politicante e da una non obiettiva conduttrice televisiva, viene da domandarsi come possa ancora tanta gente seguitare a votare il PD o Partito della Disoccupazione.
Riferimento:
- http://jedasupport.altervista.org/blog/politica/disoccupazione-imposta-dall-europa/