In questo periodo di crisi economica promuovere iniziative dirette alla tutela delle fasce più deboli della popolazione risulta un'impresa assai complicata. Tuttavia, è necessario elaborare a livello politico dei progetti che abbiano come fine quello di conciliare la scarsità delle risorse economiche con la tutela delle persone in difficoltà, quali ad esempio le donne che subiscono violenza in ambito familiare.
I centri anti-violenza hanno bisogno di sostegno economico perché, per funzionare veramente bene, dovrebbero poter ospitare in un luogo protetto la donna che subisce violenza e i suoi bambini.
È noto, infatti, che la sola denuncia non sia sufficiente a proteggere la donna; anche i provvedimenti giudiziali, quali l'allontanamento del violento dalla casa familiare, non risultano bastevoli perché le vittime, quando subiscono maltrattamenti, hanno bisogno soprattutto di un rifugio sicuro.
Le strategie elaborate a livello politico devono tendere alla tutela della donna, ma anche alla sopravvivenza a lungo termine dei centri anti-violenza. Ma tutto questo è possibile solo in presenza di risorse finanziarie.
Ecco allora quali possono essere le possibili strategie, applicabili anche per le case che ospitano i padri separati in difficoltà:
- la devoluzione dell'otto per mille ai centri anti-violenza;
- la richiesta alle donne, che in un periodo precedente hanno usufruito del centro, di un contributo finanziario nel momento in cui diventano economicamente indipendenti. Tale contributo sarà ovviamente proporzionato alle possibilità individuali, e sarà richiesto solo quando il pericolo sarà definitivamente cessato.
Il secondo punto è particolarmente importante, perché svincola la sopravvivenza del centro anti-violenza dalla filantropia generale, creando un onere a carico della donna salvata. Non solo, il centro stesso potrebbe attivarsi per aiutare la donna a trovare un lavoro.
Questo, naturalmente, è solo una prima bozza di un progetto, che andrebbe dettagliatamente sviluppato a livello regionale e nazionale.