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Calcio e brexit gli effetti sulla Premier League.


Da cinque anni, ininterrottamente, la Premier League è nel mondo il campionato che in media ha speso più milioni di euro nell'acquisto di giocatori. Ciò non ha quasi mai avuto effetti immediati in Europa, a dire il vero, nonostante i grandissimi investimenti perpetrati in particolar modo dalle due società di Manchester. Adesso, gli effetti della Brexit, rischiano di minare anche quello che era stato un caposaldo degli ultimi anni, il dominio dell'Inghilterra calcistica sul piano finanziario.

È giusto inglobare l'intero Paese della Regina, nel discorso, visto che i club di Championships spendono in media più della metà delle società della Serie A. Basti pensare al Newcastle, clamorosamente retrocesso lo scorso anno, che ha speso decine di milioni di euro nell'ultima campagna acquisti. A rimetterci in primis potrebbero essere proprio i club delle serie inferiori, che generavano proprio dalle plusvalenze sui giovani i maggiori motivi di profitto. Con la Brexit, le società maggiori invece potrebbero dunque decidere di investire maggiormente sui propri vivai, piuttosto che comprare altrove.

Aumento dei cartellini, incremento soprattutto degli ingaggi, visto che i calciatori si troveranno a dover pagare una quota tasse largamente superiore rispetto a quanto non avvenisse sino a 6 mesi fa. “La fuga verso il Sud dell'Europa potrebbe essere la prima grande conseguenza della Brexit, con i top player desiderosi di ottenere una tassazione decisamente più agevole”, ha spiegato l’economista Tom Markham in un’intervista esclusiva rilasciata ai microfoni di Bwin. Un po' ciò che ha mosso gente quale Sneijder, Drogba, Mario Gomez o Nani negli ultimi anni a migrare in Turchia, dove vige una delle tassazioni meno pesanti di tutta Europa.

Ranieri

La reazione a catena della brexit sarà quello di veder sempre meno top player scegliere il campionato inglese per dare il volo alla propria carriera, soprattutto da un punto di vista economico. I super stipendi offerti dai club inglesi diventeranno presto utopia, un cambiamento epocale se si pensa alla forza economica che anche i club di medio-bassa classifica sono capaci di esercitare sui giocatori all'estero. Fatta la legge trovato l'inganno, si addice bene anche a questa situazione. Quale può essere quindi la soluzione?

In questo caso torna utile l'esempio dei Pozzo, che possedeva bene tre club in Europa, di cui uno proprio in Premier League, il Watford. Col Granada nella Liga e l'Udinese da oltre 20 anni in Serie A per i proprietari friulani può cambiare veramente poco, tesserando un proprio giocatore in Spagna o Italia e girandolo in prestito in Inghilterra. Soluzioni sul fino del rasoio, per quanto concerne la legalità, ma che se dovessero restare impunite suonerebbero come opportunità agli occhi dei maggiori club inglese, i maggiori a trarre conseguenze dalla brexit. 

Entro due anni dunque è pronta a mutare la centralità del potere economico nel Vecchio Continente, magari ad approfittare potrebbe essere proprio l'Italia, dall'ultima campagna di mercato estiva tornata prepotentemente in auge. E se si pensa che nella top eleven dei giocatori più pagati dell'ultimo anno ben 10 giocano in Premier, ci si rende conto di quanto può cambiare la geografia economica del calcio in Europa

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