La Digos di Torino nell'operazione "Last Banner" ha arrestato 12 fra capi e principali referenti dei gruppi del tifo organizzato della Juventus: "Drughi", "Tradizione-Antichi valori", "Viking", "Nucleo 1985" e "Quelli... di via Filadelfia".
Le accuse sono, a vario titolo, associazione a delinquere, estorsione aggravata, autoriciclaggio e violenza privata. Nella notte è iniziata a Torino ma numerose sono le perquisizioni in diverse città italiane.
Juventus parte lesa
L'operazione, come precisato dalla Digos Torinese è nata da una denuncia della Juventus, e fondamentale è stata la sua collaborazione.
Due anni fa la società torinese aveva eliminato i vantaggi concessi ai gruppi ultras dopo l’indagine "Alto Piemonte", che aveva rivelato gli interessi della ndrangheta nel bagarinaggio. La risposta dei capi ultrà, che non volevano perdere questi privilegi e volevano continuare a gestire il bagarinaggio dello Juventus Stadium, è stata quella di minacciare il club con una strategia definita criminale per riottenere tali privilegi.
Cori razzisti e stop del tifo
Una delle minacce più usata da questi club ultrà quella di effettuare dei cori razzisti durante le partite in modo che la società ricevesse multe o squalifiche del campo. Altra strategia pare fosse quella di non permettere ai semplici tifosi di poter incitare la propria squadra.
Ricevitorie conniventi
Per ripristinare il loro potere nei confronti della Juventus i "Drughi" sarebbero riusciti a ottenere centinaia di biglietti per le partite casalinghe della Juventus grazie al benestare di alcune agenzie e negozi abilitati alla vendita dei tagliandi.
I nomi degli arrestati dell'operazione Last Banner
Questi i nomi degli arrestati: Geraldo Mocciola detto Dino(già finito in carcere all’inizio degli anni Novanta per aver ucciso durante una rapina un carabiniere), Salvatore Cava, Domenico Scarano, Umberto Toia, Luca Pavarino, Sergio Genre. Ai domiciliari Fabio Trincchero, Giuseppe Franzo, Christian Fasoli, Roberto Drago. Misura cautelare dell'obbligo di dimora per Massimo Toia e Massimo Corrado Vitale.
A casa di Dino Mocciola è stato sequestrato un bassorilievo di Mussolini, altro materiale di estrema destra è stato trovato nella sede dei drughi, in via Cimabue a Moncalieri: sono molte le pubblicazioni che riportano vessilli del Ventennio e immagini del Duce.
Tifo è un pretesto
In conferenza stampa il procuratore aggiunto di Torino, Patrizia Caputo, ha commentato spiegando che: "Il tifo è un pretesto. Nemmeno la presenza dei bambini li fermava e che le persone, anche più fidate venivano allontanate se non rispondevano alle indicazioni del capo indiscusso Dino Mocciola(capo dei Drughi)". Ha poi proseguito spiegando: "Ci sono persone che si sono viste allontanare, anche con violenza, dal posto allo stadio che avevano pagato perché infastidivano il gruppo ultrà. I tifosi vittime hanno reso dichiarazioni e ci hanno permesso di elevare imputazioni. Ci sono poi state estorsioni anche ai danni del gestore del bar dello stadio.