È del 22 marzo il Decreto Legge n.41 su “Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19”.
Queste misure prevedono anche contributi a fondo perduto per le aziende e i professionisti che lo scorso anno, nel 2020, hanno registrato una perdita pari ad almeno il 30% del fatturato medio mensile rispetto al 2019. Possono così accedere anche le imprese della distribuzione automatica, prima escluse dai ristori.
Il Decreto Sostegni
Il Decreto Sostegni introduce due misure per supportare i lavoratori: è stato prorogato il blocco dei licenziamenti e, come anticipato, è garantito un sostegno al reddito.
Il Decreto Sostegni prevede 5 fasce di ristoro, che si basano sul fatturato del 2019 (fino a un massimo di €10.000.000 annui). I contributi sono pari alla percentuale del calo di fatturato medio mensile:
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60% per i fatturati inferiori a €100.000;
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50% per i fatturati compresi tra €100.000 e €400.000;
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40% per i fatturati compresi tra €400.000 e €1.000.000;
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30% per i fatturati compresi tra €1.000.000 e €5.000.000;
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20% per fatturati compresi tra €5.000.000 e €10.000.000.
I meccanismi di calcolo sono più equi e i coefficienti premiano le piccole e medie imprese.
Sono state ascoltate e accolte, poi, le richieste di CONFIDA (Associazione Italiana Distribuzione Automatica), che domandava il superamento del criterio dei Codici Ateco per l’erogazione dei ristori (affinché gli aiuti statali fossero estesi anche al settore del vending) e l’ampliamento del ventaglio di aziende coinvolte (la prima versione del Decreto, infatti, interessava solamente le imprese con un fatturato di massimo €5.000.000 e una perdita del 33%).
La crisi dei distributori automatici
Sono circa 3.000 le aziende del settore della distribuzione automatica in Italia, per un totale di approssimativamente 30.000 lavoratori (più un indotto di altri 12.000) e più di 822.000 macchinette installate (si tratta del dato più alto in tutta Europa). Smart working e didattica a distanza hanno messo in ginocchio quest’industria che, peraltro, era stata tagliata fuori dal Decreto Ristori.
Secondo i dati di CONFIDA, il vending in Italia nel 2019 ha fatturato €2.300.000.000 e ha poi perso fino al 70% del business nei mesi del primo lockdown. I dati IPSOS parlano di un calo del 27,51% nella vendita di caffè, del 42,98% in quella di bottigliette di acqua, del 46,5% nella vendita di snack salati e del 38,6% in quella delle merendine dolci. Benché i DPCM non abbiano mai vietato l’uso dei distributori automatici, l’introduzione del telelavoro e della DAD, e l’impossibilità di visitare parenti in qualsiasi struttura sanitaria hanno portato a un drastico calo nell’utilizzo delle vending machine, anche se accese.
A questi dati di perdita, poi, vanno aggiunti i canoni concessori e demaniali pagati dalle imprese per installare distributori automatici (anche se fermi) nel settore pubblico.
Massimo Trapletti, Presidente di CONFIDA, aveva chiesto al Governo misure a favore di questo settore, inclusa la riduzione dell’IVA dal 10% al 4% per il 2021 per stimolare i consumi superato il picco dell’emergenza sanitaria.
La crisi porterà a un’innovazione? Se si pensa al boom dei servizi delivery che ha investito il settore della ristorazione, viene da pensare che la pandemia spingerà anche il vending a evolversi. Staremo a vedere.