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Al termine di un dibattito protrattosi per ben otto anni, nei giorni scorsi l'Unione Europea ha varato una direttiva riguardante la gestione “responsabile e sicura” delle scorie nucleari, le quali potranno così essere esportate in paesi terzi.
Voglio fare un’affermazione che a qualcuno potrà sembrare tranquillamente eccessiva: le massicce dosi di animazione coatta cui si è esposti in alcune spiagge è a mio parere una delle espressioni più caratterizzanti della nostra epoca.
Ne ho fatto esperienza di recente, lo scenario è quello di uno stabilimento pugliese, una banda di ragazzi esagitati passa tra gli ombrelloni strepitando e chiedendo il coinvolgimento dei presenti. Alcuni dei quali, come il sottoscritto, stavano tentando, a questo punto vanamente, di assopirsi. Non sia mai, divertirsi è chiaramente un obbligo, e gli animatori sono lì apposta per dirti in che modo devi farlo.
Non solo. In questo caso pretendevano di coinvolgere anche tutti i bambini, che passavano a prelevare tra gli ombrelloni per poi condurli, dopo averli organizzati in un rumoroso trenino, nell’apposita area prevista per l’animazione. Tutto questo veniva messo in atto senza che nessuno si preoccupasse di fornire troppe spiegazioni.
L’animatrice che ha preso in consegna mia figlia, che non ha ancora due anni, era educata, ma giovane ed inesperta. Vedendo che la mia compagna ed io seguivamo a breve distanza ritenne di rassicurarci: “Se volete potete venire anche voi”. Al che la mia compagna, leggendomi nel pensiero e usando un mix ottimale di fermezza e sorriso, ritenne invece di chiarire: “Quella è mia figlia, sei tu che puoi fare quello che ti dico io”.
Comunque la situazione, a parte il crescente desiderio di sfilarsene il prima possibile, ovviamente non presentava alcun rischio, anche perché io ero lì e la ragazza, dopo che fu redarguita sulle prerogative genitoriali, fu attenta il giusto. Raggiunta l’apposita zona gli animatori iniziarono a dimenarsi a suon di musica, cercando di immergere anche i bambini in quel rito primordiale di santificazione dell’estate del divertimento. Mia figlia però è piccola abbastanza da sapere bene cosa sia davvero il divertimento. Non a caso, in breve si disinteressò del tutto a quella coreografia che la prevedeva come elemento non partecipativo, per sfrecciare a tutta velocità verso gli scivoli e le altalene.
È che all’animazione coatta lei preferisce le giostre. Per fortuna. Ed io una caletta senza rompicoglioni.
Perché un giornalista decide di togliersi la vita? La domanda viene spontanea di fronte al suicidio di Pierpaolo Faggiano, 41 anni, pugliese, collaboratore della ''Gazzetta del Mezzogiorno''. Oggi più di ieri scegliere di fare il giornalista è votarsi a un'esistenza da precario. Non è questione di bravura. E', piuttosto, questione di disponibilità. Disponibilità a non rompere le scatole, a dire sempre di sì, a non andare mai in ferie, a lavorare anche se sei malato, a essere malpagato. Anche nel passato bisognava accettare gran parte di queste condizioni, ma almeno avevi la speranza, se non eri proprio un cane, che, prima o poi (più poi che prima), ti avrebbero sistemato, che avresti ottenuto il contratto a tempo indeterminato, con tanto d'esame professionale, finendo, caso mai, in qualche redazione periferica, dove mancava sempre qualcuno e dove potevi farti le ossa. Come se tu non avessi accumulato una buona dose d'esperienza navigando da una redazione all'altra, per anni. Ma chi se ne fregava. Bastava non avere più l'assillo. Bastava non fare più scena muta, o dare risposte imbarazzate, alle domande, preoccupate, dei familiari. I quali, parlando in tua assenza, si erano sempre rammaricati perché ''il loro benedetto figliolo, invece di darsi al commercio, approfittando delle attività esistenti del nonno, ha scelto questa cosa qui, che a me, a dirvela tutta, non sembra neanche un lavoro''. Sinceramente, veniva voglia di dire basta, in certi momenti. Ma poi, tirando fuori l'orgoglio, ti imponevi di non dargliela vinta. E andavi avanti stringendo i denti. Avendo ragione, alla fine. Pierpaolo Faggiano non ce l'ha fatta. E ha detto basta. Basta alla condizione di precario. Basta a una vita senza speranza. La sua scelta scuote. Deve scuotere. Deve andare oltre le fiaccolate, ignorate un po' da tutti. Deve imporre, invece, azioni concrete sul lavoro in generale e sul giornalismo in particolare. La gente è stufa di parole di circostanza.
(tratto da L'Aurora de Lo Spettro, il corsivo di Riccardo Cardellicchio).
Mentre gli Israeliani sono impegnati nelle loro manifestazioni di protesta piantando tende in tutto il paese, nel quartiere di Silwan, a Gerusalemme est, la vita sotto occupazione va avanti come al solito, lontano dall’attenzione dell’opinione pubblica israeliana e internazionale.
Mari(o) e Monti Il professor Mario Monti non è stato ancora designato capo del governo dall’inquilino del Quirinale, che ha subito provveduto a nominarlo senatore a vita, ed è già osannato trionfalmente dai media nazionali e internazionali vicini alle élite finanziarie, come il “salvatore della Patria”.
Consumatori, sistema produttivo ed energia. Altri effetti della crisi: diminuito del – 5,2 a marzo il consumo di energia elettrica in Italia. La decrescita del Paese favorisce abitudini migliori degli italiani come la riduzione degli sprechi
Cognomi imbarazzanti: dal 9 luglio è più facile cambiare cognome o aggiungerne un altro, basta il decreto del prefetto. Anche l’immigrato divenuto cittadino italiano potrà avere un doppio cognome volendo mantenere il nome con cui e’ conosciuto al di fuori
Le vignette sono una forma d'arte mediante la quale l'Autore esprime e riassume in una sola immagine, anche corredata da fumetti esplicativi, un'intera situazione. Sono particolarmente apprezzate le vignette satiriche ed umoristiche. Sono vignettisti famosi Giorgio Forattini, Tullio Altan, Massimo Bucchi, Renato Calligaro e altri.
Stop femminicidio a cura della dott. Rosa Aimoni Una rubrica in cui si raccontano i fatti di cronaca sulla violenza alla donne, con il fine di non far cadere nell'oblio ciò che succede.
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