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“Viviamo un tempo triste. Negli anni finali della mia vita, non immaginavo davvero di dover assistere ad un simile imbarbarimento dell'azione politica, ad una aggressione così brutale e sistematica delle istituzioni e dei valori nei quali ho creduto...”.

 


Queste parole non provengono dal solito dozzinale politicante, ma dal Presidente Emerito della Repubblica Italiana Carlo Azeglio Ciampi, come riporta il quotidiano “la Repubblica” del 22-11-09.
Nella medesima circostanza, lo stesso si é sciolto in altre simili amenità, aggiungendo, fra l'altro, che l'attuale governo starebbe abbattendo “a colpi di piccone” i principii sui quali si reggerebbe la Costituzione italiana.
Normalmente, quelle affermazioni non avrebbero superato il proprio alveo; mentre invece, una volta sottoposte all'impietoso riscontro dell'esperienza, si autorelegano nel più esecrabile recesso retorico.
Personalmente, tendo a diffidare di certe metamorfosi: perciò non mi fido neppure di quella ostentata dall'ex Presidente Ciampi.
La quale, si amalgama inequivocabilmente con il concetto di ipocrisia. Intendendo per ipocrita colui che si studia di comparire decoroso e religioso; e, quindi, colui che simula virtù onde irretire.
Non a caso, presso gli antichi greci, ipocrita si appellava un attore che con la voce e con il gesto imitava e rappresentava qualche estraneo personaggio.
Confidando pertanto nell'esperienza, mi riesce arduo definire il contesto antropoculturale rimpianto dall'ex Presidente Ciampi: non é infatti agevole discernere perché l'odierno proscenio sociopolitico scandirebbe un “tempo triste”, così come non convince la sua delusione di dover trascorrere gli “anni finali” della propria vita in un degradato contesto istituzionale, quando, nel rispetto di uno sgomentante “continuum”, adesso come ai suoi tempi, una ignorante e corrotta casta di politicanti, di destra e di sinistra, saccheggiava e seguita imperterrita a saccheggiare quel non soltanto ormai inutile, ma talvolta addirittura pericoloso, pezzo di carta da egli enfatizzato come “la nostra Bibbia civile”.
Bisogna contestualmente ricordare che ciò ricorre dal momento che il Presidente Emerito Ciampi ignorava e ignora ancora come siano trascorsi, durante il paradosso istituzionale espresso dal suo settennato, gli “anni finali” della vita di mio padre.
Le vicende in questione risalgono alla fine di ottobre dell'anno 2.000, quando a mio padre toccò la dolorosa incombenza di accertare il saccheggio, con relativa sottrazione dei cadaveri, subìto dalla tomba destinata ad accogliere i resti di suo padre, di sua nipote deceduta in tenera età e della nonna della bambina.
La responsabilità di quel vilipendio non tardò a manifestarsi. Anche perchè il 23-01-01, prot. N°316, l'Ufficio Tecnico del Comune di Cerchio ingiunse a mio padre il versamento, chissà perché poi mai più preteso!, di L. 325.500, quale spesa sostenuta per la consumazione di quell'oltraggio.
Si rendeva così evidente la responsabilità del comune, e quindi di una diretta promanazione istituzionale, nel riferito vandalismo.
Vorrei di conseguenza osservare all'ex Presidente Ciampi, se non fosse un suo preciso dovere quello di dimostrare, al momento opportuno e in concreto, la reale portata di quelle sue altrimenti vacue affermazioni e di quei “valori”, trasponendoli dall'aleatorietà speculativa alla pratica quotidiana.
Allora, non lo fece.
Allora, si dimostrò inesistente!
Bisogna ricordare infatti che all'epoca era proprio lui, quale Presidente in carica della Repubblica Italiana, il destinatario della lettera inviatagli da mio padre il 02-12-04, con la quale lo esortava a intervenir e istituzionalmente nei confronti della barbarie perpetrata contro i suoi defunti! In quegli anni, mio padre invocò inutilmente l'intervento di qualcuno: denunciò il sopruso subìto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Avezzano (04-11-00, 05-02-01 e 21-04-01), al Prefetto di L'Aquila (05-02-01 e 21-04-01) e, naturalmente, all'allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi (02-12-04).
Ebbene, nessuna delle interpellate espressioni istituzionali sentì il dovere di intervenire!
Fu talmente esemplare il loro senso civico, da non indurli neppure a rispondere alla più che legittima istanza avanzata da un uomo ormai anziano che chiedeva soltanto la restituzione dei resti dei suoi defunti.
Riguardo la Magistratura, merita ricordare il suo a dir poco esemplare comportamento, dal momento che al danno aggiunse la beffa! Ecco infatti cosa essa ebbe il coraggio di comunicare a mio padre: “Procura della Repubblica di Avezzan o. Proc. Pen. nr. 4256/00 n.r.u.
Avviso alla persona offesa della richiesta di archiviazione artt. 408, comma 2, 549 c. p.p., 126 D.Lv. Il Pubblico Ministero Dr.ssa Anna Maria Tracanna, visti gli atti del procedimento nr. 4256/00 nei confronti di: DA IDENTIFICARE ( ma non bastava la richiesta comunale di L. 325.500 per risalire al responsabile di quel sopruso?), indagato per il reato p.p. Dell'art. 407 c.p., visto l'art. 408, comma 2 c.p.p., avvisa...che in data 03-05-01 ha presentato al giudice per le indagini preliminari presso il tribunale, la richiesta di archiviazione, con avvertenza che nel termine di giorni 10 dalla notifica del presente avviso ha la facoltà di prendere visione degli atti e presentare opposizione con richiesta motivata di prosecuzione delle indagini preliminari”.
A quel punto, avrei voluto domandare al Pubblico Ministero Dr.ssa Anna Maria Tracanna, che nel frattempo non volle mai incontrare mio padre!, se lei portava, e porta tuttora, un fiore sulla tomba di suo nonno e dei suoi parenti.
Perché lei può farlo e io no?
Perché, con mio padre, sono istituzionalmente condannato a ignorare la sorte toccata ai miei defunti?
Ma c'è di più!
Quale ulteriore “richiesta motivata”(sic!) doveva e poteva inoltrarle mio padre al di là di non conoscere la fine riservata ai resti di quei suoi cari?
Ludwig_WittgensteinAveva certamente ragione Wittgenstein nel sostenere che “attraverso i paradossi gli dei ci hanno insegnato che spesso la logica é del tutto superflua”. O é forse questa una ulteriore perla della pretesa “scientificità” del diritto? In conseguenza di quel macroscopico paradosso istituzionale, mio padre, sfiduciato ormai verso tutto e tutti, si isolò in un sempre più preoccupante sconforto che lo congedò da questo mondo nel mese di febbraio del 2.007.
Quindi, dopo ben sette anni di travaglio istituzionale!
Lo fece r impiangendo fino all'ultimo di non aver più potuto deporre un fiore sui resti di suo padre e degli altri suoi due familiari. Mi corre a questo punto l'obbligo precisare all'ex Presidente Ciampi, che colui da egli additato come l'imbarbaritore e il brutale aggressore di non so bene quali istituzioni e “valori”, non é poi peggiore di lui. Tanto da accomunarsi nel vezzo di declinare di rispondere alle domande rivoltegli. “Ab uno disce omnes”, sentenziava a ragione Virgilio nell'Eneide.
Sicuramente, all'ex Presidente Ciampi sfugge quanto sia stato dirimente il suo contributo nel plasmare una società, appunto quella odierna, che non concede spazio al lutto.
Una società vuota! La morte, infatti, dovrebbe indurre tutti a fermarsi e a riflettere.
Perché non si può dare un senso alla vita quando non si considera la morte. Egli probabilmente ignora che ogni assetto sociale si strutturi sempre attorno all'idea della mort e. Perché con essa deve e dovrà comunque misurarsi. Anzi, proprio dalle sue risposte alla morte, si capisce quanto in un determinato contesto storico sia stato presente il senso dell'uomo. Cioè, l'umanesimo. La società rimpianta dal Presidente Emerito Ciampi, non era certamente migliore di quella attuale.
Entrambe uccidono i loro morti; anzi, li uccidono una seconda volta, offendendone la dignità e la fisicità, proprio perché non hanno memoria. La lettera indirizzatagli da mio padre il 02-12-04, si concludeva con una domanda: con la stessa domanda che vorrei riproporgli ora.
Nella speranza che egli non preferisca autoassimilarsi con chi starebbe “imbarbarendo l'azione politica”, oltre che aggredendo le “istituzioni” e i “valori” nei quali avrebbe creduto e crederebbe tuttora.
Da una emittente locale, mio padre aveva ascoltato un messaggio promozionale, o culturale?, di questo tenore: “ Una casa senza libri, é una stalla; una Nazione senza diritti civili, non é una Nazione: é un lager!”.
Al che, mio padre precisò: “E una Nazione che vilipende così affettatamente non soltanto la fisicità, ma ancor più la dignità e la memoria di tre defunti, cosa é?”.
Il Presidente Ciampi, non rispose.
Probabilmente perché preso dai tanti impegni istituzionali. Ma ora potrebbe farlo. Ora che non sarà più oberato da quegli oneri. Magari rivisitando tutto alla luce dell'intervista concessa al quotidiano “la Repubblica” e al fatto che da allora io mi vergogni di essere italiano.

Piero Tucceri
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