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Quando le istituzioni sono quelle di un povero paese

“Un tempo non era permesso a nessuno di pensare liberamente. Ora sarebbe permesso, ma nessuno ne è più capace. Ora la gente vuole pensare ciò che si suppone debba pensare. E questo lo considera libertà”. (O. Spengler. Il tramonto dell'occidente)

La mattina del 30 marzo scorso, mentre passeggiavo nella immediata periferia di Cerchio, un borgo della provincia di L'Aquila arroccato sulla proda a nord est dell'ex Lago Fucino, nel comprensorio del Parco Naturale Sirente Velino, la mia attenzione fu richiamata da qualcosa che scorgevo sotto un cespuglio. Avvicinatomi, trovai il corpo senza vita di una cagnolina. La bestiola non presentava evidenti segni di violenze fisiche subite. Ad allarmarmi fu però la posizione della sua lingua, che pendeva a lato della bocca, la quale appariva contratta come per uno spasmo di dolore.

Siccome qualche mese prima, nella stessa zona, erano stati uccisi con i bocconi avvelenati una decina di cani appartenenti a un pastore del luogo (1), e sospettando che anche nella circostanza potesse trattarsi di avvelenamento, telefonai alla Caserma dei Carabinieri Forestali di Celano, competente per territorio, per informarla dell'accaduto. Ma da li nessuno rispondeva; anzi, risultava inserito il fax. Così decisi di rivolgermi ai carabinieri della Stazione di Cerchio. Solo che neppure da li rispondevano. Il telefono squillava a vuoto. Di fronte a una situazione tanto paradossale, risolsi di riprovare più tardi. Dopo quasi un'ora, risposero dalla Caserma dei Carabinieri di Cerchio. Si trattava del comandante: il maresciallo Francesco Gentile. A lui riferii quanto rilevato. Ne prese atto e mi assicurò che si sarebbe adoperato per avviare le procedure del caso.

Il giorno successivo, domenica 31 marzo, tornai presso quella cagnolina, la quale giaceva a meno di un centinaio di metri dal centro abitato. Il suo corpo era ancora li. Pensai che, trattandosi del fine settimana, anche le istituzioni, visto l'ormai consolidato modus operandi italiano, si fossero concessa la pausa festiva.

La mattina di lunedi 1 aprile, raggiunsi ancora quel luogo. Anche perché avevo costantemente davanti agli occhi il corpo senza vita di quella povera bestiola. Mi accorsi però che neppure allora qualcosa era cambiato. Telefonai nuovamente alla Caserma dei Carabinieri Forestali di Celano. E fui fortunato. Perché a rispondermi venne proprio il comandante della stessa, il maresciallo Francesco Angelini. Il quale, dopo aver precisato di non essere stato messo al corrente della situazione, si addentrò in una estenuante tautologia finalizzata a sollevarlo da ogni incombenza volta all'identificazione dell'eventuale proprietario della bestiola, oltre che ad accertarne la causa del decesso.

Martedi 2 aprile, tutto era ancora come prima. Il corpo della cagnolina cominciava però a presentare i primi segni della decomposizione. Il tutto nella più riprovevole e inquietante impassibilità di chi avrebbe dovuto invece adempiere a specifici doveri istituzionali. A malincuore telefonai alla Caserma dei Carabinieri di Cerchio. Rispose ancora il comandante Francesco Gentile, il quale, non sapendo giustificare la situazione prodottasi, con imbarazzo si impegnò a fare qualcosa.

Colpito da tanta noncuranza, subito dopo misi al corrente dell'accaduto il Comando di Avezzano della Compagnia dei Carabinieri. Il militare che rispose, mi suggerì di interpellare il numero 1515, specificamente competente sull'argomento. Alla voce femminile che replicò da quel numero, raccontai la situazione prodottasi, rimarcando l'inaccettabilità del fatto che ben due presìdi militari, quello di Cerchio e quello di Celano, pur essendo stati avvisati dell'accaduto, non fossero intervenuti come promesso e dovuto. Al che, la mia interlocutrice si sollevò dall'intraprendere eventuali iniziative, suggerendomi di prospettare l'accaduto al Servizio Veterinario della ASL di Avezzano, competente per territorio.

Chiamai anche quell'ufficio. Rispose il dr. Vincenzo Patrizi, veterinario presso la medesima struttura, il quale chiarì che, fino ad allora, nessuno aveva segnalato quanto da me riferito. Mi assicurò comunque di impegnarsi per la rapida soluzione della vicenda. Nel pomeriggio dello stesso giorno, feci presente la gravità dell'accaduto anche al Comando Forestale Regionale di L'Aquila, insistendo sulla incomprensibile e inaccettabile inerzia dimostrata nella circostanza dai carabinieri forestali di Celano e dai carabinieri di Cerchio.

La mattina del 5 aprile, intorno alle ore 9,30, una squadra di dipendenti del Comune di Cerchio, diede luogo alla maldestra rimozione del corpo della cagnolina, in ottemperanza a una specifica direttiva impartitagli, stando a quanto riferitomi, dal servizio veterinario della ASL. Il personale incaricato, giunse sul luogo con una ruspa. Non potendo però raggiungere la bestiola con il mezzo meccanico data l'inagibilità del terreno, la stessa venne legata con una corda e quindi trascinata fino alla pala della ruspa, dentro la quale fu poi sistemata per essere successivamente interrata in un'area di proprietà comunale.

Sbigottito da quella inattesa procedura, richiamai il servizio veterinario della ASL di Avezzano. Con aria a dir poco tediata, rispose ancora il veterinario Vincenzo Patrizi. A lui feci notare come non fosse corretto, civilmente ancor prima che legalmente, disfarsi in quel modo, a dir poco grossolano, del corpo della cagnolina, non essendosi in alcun modo proceduto a identificarne l'eventuale proprietario, che magari stava ancora vanamente cercandola, né, ancor più, la causa del decesso. Il mio interlocutore si giustificò precisando che, al fine dell'accertamento delle cause della morte della stessa, non si poteva fare più nulla essendo trascorse le prime 24 ore dal decesso (sic!), e che, al fine di poter dar luogo a una eventuale procedura come quella suggerita, occorreva il ricorso di diversi casi di sospetto avvelenamento. Insomma, per quel tale, non aveva importanza procedere alla identificazione del proprietario della bestiola, e un suo eventuale intervento poteva motivarsi unicamente con il ricorso di una moria di cani. Guarda caso, proprio nei giorni scorsi, si sono verificati in altri centri limitrofi casi come quello in questione. Non è detto che, in seguito a una appropriata decisione a suo tempo debitamente adottata dalle competenti promanazioni istituzionali, si sarebbero potute evitare certe vergogne tipicamente nostrane (2, 3, 4, 5).

Allibito da cotanta indifferenza nei confronti di una vicenda che in qualsiasi consesso minimamente civile avrebbe sortito ben diverse reazioni, subito ripensai di vivere in Italia: vale a dire in una landa dove certe questioni vengono affrontate con inaudita superficialità. Ormai, in questo sempre più fatiscente coacervo antropico, non bisogna meravigliarsi più di nulla. Un così tralignato contesto, richiama alla mente le parole pronunciate a suo tempo da uno statista della caratura di Charles De Gaulle, quindi non da uno dei troppi politicanti affollanti l'italico proscenio sociopolitico, il quale definì l'Italia: “Non un paese povero, ma un povero paese”. A quanto pare, non aveva torto. Soprattutto perché, come la vicenda in questione conferma, c'è sempre qualcuno pronto a ribadirne la disarmante attualità.

Riferimenti:

1)https://ilfaro24.it/orrore-a-cerchio-aq-gesto-ignobile-dieci-cani-morti-per-avvelenamento/

2)https://www.marsicalive.it/bocconi-avvelenati-durante-le-passeggiate-come-proteggere-gli-animali/

3)https://www.marsicalive.it/tagliacozzo-polpette-avvelenate-in-via-xxiv-maggio-la-forestale-indaga-lo-sdegno-degli-abitanti-corre-sul-web/

4)https://www.dirittianimali.eu/avvelenare-animali-reato/

5)https://www.marsicalive.it/volpe-uccisa-con-potente-veleno-a-pochi-passi-dal-centro-abitato-rischio-animali-domestici-e-popolazione/

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